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sabato 4 febbraio 2017

Il mio giorno a Macao; con la fretta e una grande palma come Cometa


Ho visto Macao di fretta. Zaino in spalla, macchina fotografica al collo, testa bassa, camminata veloce e decisa, sguardi fugaci qua e là. In quattro ore malcontate, ho battuto l’intera isola; o quasi. E’ piccola, sì, ma se il mare non fosse stato così mosso da tenermi sempre allerta, sul traghetto di ritorno sarei piombato, distrutto, in un sonno profondo.

Colpa mia. Sono arrivato a Macao quando già era pomeriggio. La mattina mi era servita per recuperare il sonno perso dopo l’ennesima notte trascorsa a fare a cazzotti col jet lag. 

Il biglietto da visita di Macao, dal finestrino del traghetto
 
Mostro il passaporto, abbranco una cartina gratuita al banco dell’ufficio turistico, ignoro le signorine, maggiorenni o poco più, che i casinò dell’isola usano come sirene tentatrici. Partenza, via. Già in maglietta, cosciente che ci sarebbe stato da sudare.

Sbaglio strada, subito. Capiterà spesso. Torno indietro e, finalmente, trovo la salita che mi porta alla Fortezza di Guia. La strada si arrampica. E non poco. Sfrutto con gusto gli ascensori che mi evitano fatiche supplementari. Meglio risparmiare ogni minima energia. Previdente, per una volta. 
 
Il faro è carino. La fortezza pure. Per rapirmi il cuore ci vuol ben altro.

La Fortezza è classico luogo da book matrimoniale

E' la veduta a far la differenza: la zona del terminal marittimo, con il Friendship Bridge che taglia il mare; il multiforme skyline disegnato dalle fantasiose architetture dei casinò; infine, la distesa di palazzine popolari e di viette strette. In nemmeno 360°, tre mondi diversi. Ed è sempre Macao.


La città vecchi dalla Guia Hill: la porzione di panorama più interessante (per me)

Un ragazzo inglese vorrebbe fare due chiacchiere. Pure lui ha deciso di farsela a piedi. Solo che è già di ritorno. E non sa la strada. Me la chiede; io rispondo distratto, dando indicazioni talmente sommarie da risultare, con ogni probabilità, inutili. Sono pur sempre di fretta.

A capofitto giù dalla collinetta da Guia, considerando il giusto la bella vegetazione e i vecchietti impegnati col tai chi.

Tap Seac Square è un check-point utile. Da lì posso raggiungere il cuore della città senza troppi sforzi. Solo che mi lascio trascinare dall’incredibile silhouette dell’Hotel Lisbon: una palma gigantesca che proietta ombra su tutto ciò che la circonda. Cambio rotta solo per vederla da vicino. 

La grande palma svetta su tutto
 
Ricalcola percorso: Lago di Nam Van, Collina di Penha e A-Ma Temple. Che è, tra l’altro, uno dei must che mi sono imposto ancor prima di lasciare Hong Kong.

La Collina di Penha è un inatteso mini-Mortirolo. 200% di pendenza, trangugiando delle palline di pesce al curry prese al 7Eleven che si trova di fronte alla chiesa di San Lorenzo. Arrivo su, guardo giù, faccio una foto e riparto. In discesa. Grazie a Dio.

Dalla Collina. La palma è sempre lì...



Perdo di nuovo la bussola, e quando penso di aver mancato la svolta giusta per il Temple, eccolo lì.

Mi consola: ho versato i primi litri di sudore per un motivo valido. Colorato, profumato d’incenso, inflazionato ma ancora carico di significato: A-Ma Temple promosso e stampato nella memoria. 

Uno degli altari "secondari" del tempio

Rua Do Almirante Sergio è quella giusta per dirigermi verso il centro. Stavolta ci ho preso. Sorpasso gli altri pedoni, mi soffermo il giusto sulle stradine interne, dove c’è chi pulisce il pianerottolo, chi rientra con la spesa e chi fa manovra in Lamborghini. Bah. Avrà avuto fortuna in qualche casinò.

Rua da Felicidade prima, e non solo per il nome speranzoso (saprò dopo che, una volta, lì c’erano solo locali a luci rosse), Rua do Seminario poi. Eccomi in Largo do Senado. E’ capodanno, e si fa festa. Eccome. La piazza è piena, nel mezzo campeggiano dei polli gonfiabili in onore dell’animale dell’anno. E le lanterne, ovviamente, colorano la via che porta a Largo de Sao Domingos. Mi piacciono. Non i polli, le lanterne. Fanno proprio…. Asia (cara banalità).  

Le lanternine che fanno tanto Asia in festa

Fino alla chiesa di San Domenico si respira e ci si muove con agilità. Basta voltare l’angolo ed ecco il fiume umano che scorre verso le rovine della Chiesa di San Paolo: il vero simbolo di Macao.

Non è cambiato nulla: sono sempre di fretta. E allora sgomito, sguscio, mi innervosisco, quasi corro. Slalom fino alla scalinata. Sorpreso dalla bellezza di ciò che vedo, risalgo i gradini e mi avvicino alla “Porta del Nulla”: la facciata tutta bassorilievi che ci ricorda come lì, prima di un funesto incendio di inizio Ottocento, ci fosse una chiesa. Progettata da un gesuita italiano, tra l’altro. 

E' davvero solo facciata: dietro, il nulla

Dopo il selfie d’ordinanza, peraltro cestinato senza troppe remore, passeggiatina nei giardini del Forte del Monte. Ovviamente, tenendo d’occhio l’orologio.

Sospirone profondo, occhiata alla cartina (ma tanto l’avrei riguardata ogni 20 metri) e via di nuovo. Destinazione terminal marittimo. Sì, il mio giro è finito. Posso tranquillamente puntare la Collina da Guia e da lì raggiungere il traghetto.

Dopo cinque minuti perdo di nuovo l’orientamento. Una ragazza si leva le grandi cuffie e chiede se mi serve aiuto. “Grazie. Dovrei prendere il ferry: che dici di questa via?”: le chiedo mostrandole la mappa. “Mmm… Boh, non so usare una cartina”: mi dice sogghignando. Come se maneggiassi uno strumento fenicio. Ribatto pensando decida di affidarsi alle sue conoscenze di indigena o, al limite, all’iphone che ha in mano. “Mi spiace, non so aiutarti in realtà”. La persona più inutile della storia.

Glisso e scelgo la mia strategia: Hotel Lisbon e tragitto dell’andata, alla rinfusa.

Ignoro i piedi dolenti, circumnavigo la grande palma e mi butto sul lungomare. Che non è proprio una promenade da urlo, ma è funzionale.

Un’ora dopo siedo su una poltroncina in attesa del mio passaggio per l’Island di Hong Kong. Affamato e stravolto, ma soddisfatto.  

Per chi non lo sapesse, questa è la bandiera di Macao



Per leggere qualcosa su Hong Kong: 

 Hong Kong, Central Business District: tra i grattacieli de "Il Cavaliere Oscuro"

Se andate sulla pagina Facebook di MyTravelmate, trovate i video che ho girato in città...







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