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sabato 7 gennaio 2017

Di consigli sbagliati, aerei persi e bus poco coraggiosi

Rapida occhiata allo schermo delle partenze. Seconda occhiata. Cambio schermo. Terza. Sì, sono nell’aeroporto sbagliato.

Che sia maledetto tu, gentile ma sbadato impiegato del centro informazioni di Hagen. Dove cavolo mi hai mandato?

I bus tedeschi spaccano il secondo, sono puliti, efficienti. Ti svuotano il portafoglio, ma ti abituano bene. E sono tedeschi, quindi, secondo la logica spicciola, pronti a tutto.

Ma sono alla fermata, in attesa. Di sabato, a -5 e sotto la neve. E il bus non arriva. Fremo perché ho una coincidenza. La perdo. E allora impreco. Perdo la seconda ipotetica coincidenza, e mi scaglio contro i massimi sistemi. Poi dei ragazzi passano e mi dicono che il bus non c’è, perché la tua fermata è sulla risalita di una piccola collina, roba che Bergamo Alta è il Mortirolo, e lì i bus non passano. La strada leggermente innevata li spaventa. Manco fosse un temporale nel Sahara.



Decido di correre. Due chilometri a perdifiato, con addosso, nell’ordine: calzino leggero, calzamaglia termica, calzino pesante, maglietta termica, maglione, felpa aggiuntiva, giacca a vento, paracollo, scarponi, guanti, un cappello che sballonzola, zaino, borsa.

Il 517 mi passa davanti svoltando appena prima della collinetta. Gli auguro tutto il male del mondo. Ma ha vinto lui.

Il peggio sembra passato, perché il primo treno utile è poco dopo. E mi rilasso, nonostante una tripla XL come vicino di posto e l'altra dirimpettaia impegnata con pane e salsiccia. E non sono nemmeno le otto.

Altro scatto. E collegamento per il Flughafen preso al volo. Ale’.

Ma poi il treno si ferma e il ragazzo accanto a me impreca. Lo guardo, capisce che non ho colto il farfugliare tedesco dell’altoparlante e traduce: hanno sbagliato lo scambio e si deve tornare indietro.

Rieccomi di nuovo a Dusseldorf Hauptbanhof.

E, dopo quindici minuti, compreso un ritardo di cinque, un altro collegamento. Faccio un rapido calcolo: arriverò al gate sul gong, correndo alla disperata. Mi tolgo addirittura la cintura, così da risparmiare tempo al metal detector.

Una ragazza dalle linee asiatiche mi augura un buon viaggio; “Mi accontento ci sia questo viaggio”: rispondo tra il sarcastico e il disperato.

Mi lancio a tutta appena le porte del vagone si aprono. Scale mobili, scalette, due strade attraversate, altre scale mobili. Devo imbroccare il gate. Sono le 9.45 e il mio volo decolla alle 10,15. Zurigo, Roma, altre due città. Ma Bergamo-Milano non c’è.

Maledetti trasporti. Maledetto tu, gentile ma fallace impiegato del centro informazioni di Hagen. Maledetta giornata.

Ora sono sul treno diretto all’aeroporto di Colonia/Bonn, ancora col fiatone perché all’ultimo hanno cambiato piattaforma e ho dovuto aggiungere l’ennesimo sprint alla mia giornata.



Sarò su un Ryanair delle 16.50. Forse.

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