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venerdì 4 novembre 2016

La città pedala, perchè "la bici non è il risvoltino"


Quel giorno ero a Verona. Stavo andando in Università, lungo il solito percorso. Al semaforo di Ponte Navi vidi un gruppo di 3 o 4 ragazzi in bici. E che bici! Scatto fisso, telaio monocolore, cerchi in tinta, manubrio minimale con manopole in pelle. Pensai: “Che Bellezza”.

Era il 2012 e, sinceramente, prima d’allora non avevo visto molte bici simili. Mi dissi che era una delle tante tendenze che la città, assai modaiola, stava facendo sua. Passerà. Torneranno a usare bici scrause e malandate, se non direttamente il motorino.  

Declassarlo a fenomeno del momento, legato alla voglia hipster di essere alternativi, fu un errore. O meglio, fu miopia. Misi le “nuove bici” nella stessa categoria dei risvoltini ai pantaloni e del pettine per barba. Semplice dettaglio del perfetto corredo da cittadino che vuole uscire dagli schemi (quanta illusione). Non capii che questa estrosità avrebbe potuto cambiare le nostre città. In meglio.

Negli ultimi anni, la bici si è ripresa la ribalta anche nella vita quotidiana. Non è più prerogativa di chi ne fa un piacevole passatempo o uno sport vero e proprio, e nemmeno un ripiego per tutte le volte in cui la macchina è rotta e lo scooter è senza benzina.

Si pedala perché è bello. Perché piace sfoggiare una bici curata. Soprattutto, la bici è filosofia. Una nuova filosofia. Che, per fortuna, prende piede giorno dopo giorno. Si rispetta l’ambiente, si vuole un futuro pulito, un’aria sana, una mobilità sostenibile e a basso impatto, anche buttando un occhio al salvadanaio. Il boom delle elettriche non è un caso (a tal proposito, ecco un link).

Da semplice vezzo a stile di vita. Un classico. Evoluzione mai tanto benvenuta.

“La bici è un veicolo potente di positività, non è una moda effimera. Come spesso accade la moda si appropria di tutto, ti sbatte in prima pagina, ma poi subentra altro e nel caso della bicicletta è il benessere che se ne guadagna, che fa sì che da transitoria si stabilizzi, creando a sua volta altre mode. Tutto questo ha portato la bici a uscire sia dall’ambito del trasporto sia da quello agonistico delle competizioni professionistiche, per occuparne uno più ibrido, mutante e al passo con i tempi”: parole di Antonio Colombo, Presidente e proprietario della rinomata Cinelli, storica produttrice di eccellenze su due ruote. Dichiarazione rilasciata al numero novembrino di Ulisse, la rivista di Alitalia.

In “In bike we trust”, l’interessante articolo firmato Marzia Ciccola, troviamo anche una piccola classificazione di tre “ciclisti tipo” da città.

Quelli che usano la bici da corsa, ovviamente di vecchia data, anche solo per andare dal panettiere, sono detti messenger.
I primi messengers rianimarono veri e propri scheletri da cantina per partecipare a gare cittadine illegali. Ribellione alle regole, allo status quo delle metropoli.
I loro discendenti, invece, stanno curvi sul manubrio "per principio". E’ il loro mezzo di trasporto: green, vintage. Che poi sia così comoda come soluzione per il quotidiano, beh, ho sempre avuto i miei dubbi. 

Il classico messenger

Le bici fixed, invece, sono quelle che vidi a Ponte Navi: scatto fisso, telaio rigidi, look minimal e manubrietto. Diciamolo chiaro: sono uno spettacolo. Belle all’inverosimile. E’ quella dell’hipster, ma piace un po’ a tutti.  Capita che siano il risultato di un attento restauro, anche se, ormai, escono fresche dalle case produttrici. Se non dai laboratori di appassionati del genere. A costi tutt’altro che sostenibili. 

Esempio di bici fixed

E poi ci sono i Mamils: acronimo di “Middle Aged Men in Lycra”. Termine coniato dall’agenzia di marketing Mintel per indicare tutti quegli uomini di mezza età che, al limite dell’ossessione, curano bici e relativo abbigliamento tecnico. Si buttano a capofitto nel ciclismo amatoriale, vivendolo come una mania. Sono gli stessi che, magari, pochi anni fa avrebbero comprato un SUV o una spiderina duemila benzina per andare a mangiare un gelatino al lago (frase da leggere con stereotipato accento brianzolo). 

Il perfetto Mamils: all'apparenza, un ciclista professionista

Tre esempi di “homo pedalans” (espressione inventata al momento). Ce ne sarebbero altri: dai classici soggetti in bmx a quelli con le chopper, passando per coloro che hanno scelto, chissà perché,  le fat bike da spiaggia anche in centro a Milano.

Poco importa; l’obiettivo non è catalogare, ma fotografare i nuovi attori dello scenario urbano che, trasformando in consolidate abitudini le tendenze figlie della moda, stanno ridisegnando il domani delle nostre città.  

Colombo docet: “La bicicletta è socializzante, come pochi sport al mondo, e le caratterizzazioni, dagli hipster vestiti all’inglese ai Mamils in total look Rapha, sono comunque positive, perché portano a migliorare la progettualità”.

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