51. Cinquantuno.
Nel girone d’andata, la vittoria col Crotone aveva segnato
il cambio di rotta. La vera svolta, però, era arrivata la settimana successiva,
contro il Napoli.
In quel momento è nata l’Atalanta di Gasperini. Da quel
momento, la Dea non si è più fermata.
Quel pomeriggio, al Comunale, è apparso
quel gioco, tra i più belli della serie A, poi diventato il fil-rouge di
questa stagione pazzesca. Epifania di un’identità profonda, ben riconoscibile, esaltante e,
soprattutto, vincente.
L’Atalanta è una squadra vera. L’Atalanta è una squadra
forte. L’Atalanta è una squadra con la mentalità giusta per puntare in alto.
Solo così si può spiegare una prestazione da protagonista al
San Paolo, davanti al Napoli di Sarri, abituato a riempire i tabellini e
triturare gli avversari a suon di goleade, verticalizzazioni e manovre da applausi. Una
macchina, quella azzurra, a tratti perfetta. Perciò, giustamente temuta, decantata e rispettata. Stasera,
però, non l’abbiamo vista.
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L’Atalanta, non da oggi, è un mix di sfrontatezza e consapevolezza.
Scende in campo per imporre il proprio credo, qualsiasi sia l’avversario. Puoi soffrire
o non essere in giornata, ma sai chi sei e cosa devi fare. Sempre. Prodigio
tattico e psicologico.
Presenza di spirito che consente a un centrale come Caldara
di abbandonare il suo ruolo, farsi 70 metri di campo per accompagnare una
ripartenza e siglare la doppietta personale con una volè da bomber navigato. Il
tutto, con la squadra in 10.
Presenza di spirito che ha consigliato a Gasperini di non
rivoluzionare la formazione dopo l’espulsione di Kessiè. Ha atteso che i suoi
leggessero il momento. Un chiaro messaggio di fiducia. Ben ripagato, direi.
D'altronde, come non credere in questi ragazzi? Continuano a dimostrare dedizione, applicazione, saggezza e, quel che più piace a noi tifosi, voglia di sognare. Sono i primi a scommettere (evito battute su Masiello) su se stessi.
Mentalità che porta solo sorrisi e trionfi. E di esultare con le
braccia al cielo, noi, ancora non ci siamo stancati.