GOLDEN STATE WARRIORS (73-9), voto 10
Paradossalmente, la squadra su cui c’è meno da dire. Perché
sappiamo già tutto, perché ne discutiamo senza sosta dalla prima palla a due e
perché, forse, non esistono sufficienti parole per descrivere tale meraviglia.
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I Warriors hanno riscritto la storia (foto dal web) |
Una cavalcata nella storia che ci ha regalato emozioni
pazzesche. In pochi avrebbero pensato che quel 72-10 targato Bulls potesse
essere battuto. E in questo modo poi: gioco divertente, dinamico, rasente la
perfezione, attacco stellare, difesa commovente.
Un miracolo con la palla a spicchi. Stanno cambiando questo sport.
Top: Steph Curry. Una gioia per gli occhi. MVP! MVP! MVP! A
mani bassissime. Anzi, senza mani, come in bicicletta
Flop: Nessuno.
LOS ANGELES CLIPPERS (53-29), voto 7+
Partiti, al solito, come legittimi pretendenti al titolo.
Visti il roster, l’esperienza e la cabala (non può sempre andare così male
dai…).
Ma i Clippers sono i Clippers. Quindi tante difficoltà
all’inizio, un gioco che non ingrana, risultati stentati e la sensazione di
vivere l’ennesima stagione fallimentare. Soprattutto dopo il "rocambolesco"
infortunio di Blake Griffin.
E invece, quando tutti si aspettavano un crollo, la ripresa. Paul e compagni hanno ritrovato ritmo, convinzione ed
equilibrio, con un quintetto forse meno talentuoso (Mbah-a-Moute non è BG32
manco col binocolo) ma efficace e tosto. Un po’ più operaio del solito.
Proprio quello che serviva per sprintare nell’ultima fase di
annata e arrivare ai playoff ben
lanciati e coesi. Il ritorno di Griffin, inoltre, non sembra aver spostato
nulla.
Magari non vinceranno, ma occhio a questo Clips. Potrebbero
davvero (con loro il condizionale è d’obbligo) essere la scheggia impazzita a
Ovest.
Top: Chris Paul. E’ il leader tecnico e carismatico del
gruppo. Senza alcun dubbio. Uomo d’ordine e di comando che, quando serve (dopo
il k.o. di Griffin sempre più spesso), sa anche mettere punti a referto come
nessun’altro. Insomma, guida gli umori del team. Allenatore in campo.
Flop: Paul Pierce. Josh Smith è stato il bidone dell’anno,
ma è stato rispedito a Houston ed è piuttosto incline a periodi bui e fiaschi. Per
questo, decido di “rimproverare” P-Square, arrivato in estate per dare alla
squadra un’anima vincente e due mani sapienti nei momenti caldi. Purtroppo, la
sua presenza è passata in sordina. E gli infortuni continui rischiano di fargli
mancare anche la post-season, suo habitat naturale.
SACRAMENTO KINGS (33-49), voto 4.5
Forse la franchigia più confusa della NBA. Dirigenza che cambia idea a ogni luna, scontri tra giocatori e
staff, un proprietario inesperto ma supponente e un progetto tecnico
difficile da comprendere.
Va da sé che la stagione dei californiani sia stata
fallimentare. Nonostante i tanti movimenti in estate, alcuni dei quali degni di
nota, non si è riusciti a costruire una squadra vera. I nomi per far benino ci
sono, manca tutto il resto. E non è detto sia colpa solo di coach Karl, già con
le valigie in mano.
Con Cousins e Rondo su notevoli livelli (coi loro soliti
difetti), Rudy Gay spesso incontenibile e un supporting cast di discreto
livello, non si possono raccogliere solo 33 vittorie. Tra l'altro, senza mai essere nel
“vivo” della lotta.
Come si dice in questi casi: più che una squadra, un album
di figurine. E in una Lega come questa, senza programmazione non vai da nessuna
parte.
Top: DeMarcus Cousins. Falli tecnici, liti con Karl e bizze
a parte, uno dei giocatori più clamorosi in circolazione: fisico da bulldozer,
mani vellutate e tecnica sopraffina. Ed è pure diventato un tiratore da tre
affidabile.
Flop: Caron Butler. Nonostante l’età e le residue energie a
disposizione, il suo arrivo era stato ben reclamizzato. Avrebbe
dovuto essere l’uomo d’esperienza in grado di legare lo spogliatoio e dettare
la via nei momenti decisivi. Ecco, ehm, alzi la mano chi sa che fine ha fatto…
PHOENIX SUNS (23-59), voto 4.5
Annata nera per la franchigia dell’Arizona, che ha fatto
fagotto in fretta e furia e si è "tirata fuori da tutto", senza alcuna esitazione.
Un franchigia partita senza grosse ambizioni che, dopo un
paio di mesi non male, ha cominciato a navigare a vista. Anzi, a naufragare.
Complici gli infortuni, su tutti quello di Bledsoe, le carenze strutturali e le
incomprensioni tecniche, che hanno portato anche all’allontanamento di coach Hornacek.
Il 2016 è avaro di sorrisi. Solo sconfitte e nuvole.
Earl Watson, allenatore ad interim, da poco confermato con un triennale, ha
cercato di pescare quanto di meglio possibile da un gruppo inesperto, con poca
qualità e orfano del duo Knight-Bledsoe (sul fatto che possano
coesistere, beh, ci sarebbe da aprire un altro capitolo).
La sensazione è che si vada verso un rebuilding, puntando su
qualche giovane interessante - Len, Goodwin e Booker - una scelta oculata al
draft e qualche elemento di sostanza in arrivo dal mercato.
Top: Devin Booker. Il figlio di Melvin ha chiuso l’anno da
rookie in crescendo. Dopo un approccio timido, fisiologico vista la presenza di Bledsoe e Knight, Devin si è sciolto e ha messo in vetrina le
proprie doti: tiro micidiale, fantasia, atletismo, personalità.
Come punto di partenza, per un diciannovenne, niente male.
Flop: Tyson Chandler. Innesto “di lusso” dell’estate.
Nonostante il kilometraggio, si pensava potesse dare ancora molto. Invece,
specialmente sotto Hornacek, ha combinato poco o nulla.
LOS ANGELES LAKERS (17-65), voto 3
Anno particolarissimo, per una delle piazze più
chiacchierate della Lega. Tra il farewell tour di Kobe, l’affaire Russell-Young
e una crisi tecnica senza fine.
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Grazie di tutto Kobe! (foto dal web) |
L’ultimo anno del Mamba è riuscito a distogliere
l’attenzione, per quanto possibile, su quanto siano caduti in basso i
gialloviola: mai così poche vittorie, zero idee e una
pallacanestro a tratti imbarazzante.
L’addio di Kobe darà vita a una nuova era, ma i Lakers non
sono più ambiti come una volta. Portare un free-agent di peso non sarà facile.
E i giovani su cui puntare, ahi per loro, non sono proprio dei pozzi di
scienza. Clarkson, Russell, Randle comunque, pur essendo giocatori tutt’altro che fatti e finiti, hanno potenziale. Attorno, il deserto. A partire dalla panchina: Byron Scott,
facci il favore…
Di questo 2015/2016 rimarranno le ultime magie di Kobe e la
vittoria sui Warriors. Per il resto, urge una gran passata di spugna, sperando
in una gran pesca al draft.
Top: Jordan Clarkson. Troppo facile dire Kobe. Allora,
giusto riconoscere a Clarkson i propri meriti: il più pericoloso, fantasioso ed
estroso del gruppo. Conferma le belle sensazioni della passata stagione.
Flop: Lou Williams. Semplicemente, non ha mai visto il
canestro. E per uno che è nella Lega proprio per la capacità di mettere punti a
referto, non è una situazione invidiabile. Peccato, un Lou Williams al meglio
sarebbe servito. Non avrebbe salvato l’insalvabile, ma sarebbe servito.
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