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giovedì 21 aprile 2016

Il pagellone della regular season NBA: Pacific Division


GOLDEN STATE WARRIORS (73-9), voto 10


Paradossalmente, la squadra su cui c’è meno da dire. Perché sappiamo già tutto, perché ne discutiamo senza sosta dalla prima palla a due e perché, forse, non esistono sufficienti parole per descrivere tale meraviglia. 

I Warriors hanno riscritto la storia (foto dal web)

Una cavalcata nella storia che ci ha regalato emozioni pazzesche. In pochi avrebbero pensato che quel 72-10 targato Bulls potesse essere battuto. E in questo modo poi: gioco divertente, dinamico, rasente la perfezione, attacco stellare, difesa commovente.

Un miracolo con la palla a spicchi. Stanno cambiando questo sport.

Top: Steph Curry. Una gioia per gli occhi. MVP! MVP! MVP! A mani bassissime. Anzi, senza mani, come in bicicletta

Flop: Nessuno.


LOS ANGELES CLIPPERS (53-29), voto 7+


Partiti, al solito, come legittimi pretendenti al titolo. Visti il roster, l’esperienza e la cabala (non può sempre andare così male dai…).

Ma i Clippers sono i Clippers. Quindi tante difficoltà all’inizio, un gioco che non ingrana, risultati stentati e la sensazione di vivere l’ennesima stagione fallimentare. Soprattutto dopo il "rocambolesco" infortunio di Blake Griffin.

E invece, quando tutti si aspettavano un crollo, la ripresa. Paul e compagni hanno ritrovato ritmo, convinzione ed equilibrio, con un quintetto forse meno talentuoso (Mbah-a-Moute non è BG32 manco col binocolo) ma efficace e tosto. Un po’ più operaio del solito.

Proprio quello che serviva per sprintare nell’ultima fase di annata e arrivare ai playoff ben lanciati e coesi. Il ritorno di Griffin, inoltre, non sembra aver spostato nulla.

Magari non vinceranno, ma occhio a questo Clips. Potrebbero davvero (con loro il condizionale è d’obbligo) essere la scheggia impazzita a Ovest.

Top: Chris Paul. E’ il leader tecnico e carismatico del gruppo. Senza alcun dubbio. Uomo d’ordine e di comando che, quando serve (dopo il k.o. di Griffin sempre più spesso), sa anche mettere punti a referto come nessun’altro. Insomma, guida gli umori del team. Allenatore in campo.

Flop: Paul Pierce. Josh Smith è stato il bidone dell’anno, ma è stato rispedito a Houston ed è piuttosto incline a periodi bui e fiaschi. Per questo, decido di “rimproverare” P-Square, arrivato in estate per dare alla squadra un’anima vincente e due mani sapienti nei momenti caldi. Purtroppo, la sua presenza è passata in sordina. E gli infortuni continui rischiano di fargli mancare anche la post-season, suo habitat naturale.

 

SACRAMENTO KINGS (33-49), voto 4.5


Forse la franchigia più confusa della NBA. Dirigenza che cambia idea a ogni luna, scontri tra giocatori e staff, un proprietario inesperto ma supponente e un progetto tecnico difficile da comprendere.

Va da sé che la stagione dei californiani sia stata fallimentare. Nonostante i tanti movimenti in estate, alcuni dei quali degni di nota, non si è riusciti a costruire una squadra vera. I nomi per far benino ci sono, manca tutto il resto. E non è detto sia colpa solo di coach Karl, già con le valigie in mano.

Con Cousins e Rondo su notevoli livelli (coi loro soliti difetti), Rudy Gay spesso incontenibile e un supporting cast di discreto livello, non si possono raccogliere solo 33 vittorie. Tra l'altro, senza mai essere nel “vivo” della lotta.

Come si dice in questi casi: più che una squadra, un album di figurine. E in una Lega come questa, senza programmazione non vai da nessuna parte.

Top: DeMarcus Cousins. Falli tecnici, liti con Karl e bizze a parte, uno dei giocatori più clamorosi in circolazione: fisico da bulldozer, mani vellutate e tecnica sopraffina. Ed è pure diventato un tiratore da tre affidabile.

Flop: Caron Butler. Nonostante l’età e le residue energie a disposizione, il suo arrivo era stato ben reclamizzato. Avrebbe dovuto essere l’uomo d’esperienza in grado di legare lo spogliatoio e dettare la via nei momenti decisivi. Ecco, ehm, alzi la mano chi sa che fine ha fatto…


PHOENIX SUNS (23-59), voto 4.5


Annata nera per la franchigia dell’Arizona, che ha fatto fagotto in fretta e furia e si è "tirata fuori da tutto", senza alcuna esitazione.

Un franchigia partita senza grosse ambizioni che, dopo un paio di mesi non male, ha cominciato a navigare a vista. Anzi, a naufragare. Complici gli infortuni, su tutti quello di Bledsoe, le carenze strutturali e le incomprensioni tecniche, che hanno portato anche all’allontanamento di coach Hornacek.

Il 2016 è avaro di sorrisi. Solo sconfitte e nuvole. Earl Watson, allenatore ad interim, da poco confermato con un triennale, ha cercato di pescare quanto di meglio possibile da un gruppo inesperto, con poca qualità e orfano del duo Knight-Bledsoe (sul fatto che possano coesistere, beh, ci sarebbe da aprire un altro capitolo).

La sensazione è che si vada verso un rebuilding, puntando su qualche giovane interessante - Len, Goodwin e Booker - una scelta oculata al draft e qualche elemento di sostanza in arrivo dal mercato.

Top: Devin Booker. Il figlio di Melvin ha chiuso l’anno da rookie in crescendo. Dopo un approccio timido, fisiologico vista la presenza di Bledsoe e Knight, Devin si è sciolto e ha messo in vetrina le proprie doti: tiro micidiale, fantasia, atletismo, personalità. Come punto di partenza, per un diciannovenne, niente male.

Flop: Tyson Chandler. Innesto “di lusso” dell’estate. Nonostante il kilometraggio, si pensava potesse dare ancora molto. Invece, specialmente sotto Hornacek, ha combinato poco o nulla.

 

LOS ANGELES LAKERS (17-65), voto 3


Anno particolarissimo, per una delle piazze più chiacchierate della Lega. Tra il farewell tour di Kobe, l’affaire Russell-Young e una crisi tecnica senza fine.

Grazie di tutto Kobe! (foto dal web)
L’ultimo anno del Mamba è riuscito a distogliere l’attenzione, per quanto possibile, su quanto siano caduti in basso i gialloviola: mai così poche vittorie, zero idee e una pallacanestro a tratti imbarazzante.

L’addio di Kobe darà vita a una nuova era, ma i Lakers non sono più ambiti come una volta. Portare un free-agent di peso non sarà facile. E i giovani su cui puntare, ahi per loro, non sono proprio dei pozzi di scienza. Clarkson, Russell, Randle comunque, pur essendo giocatori tutt’altro che fatti e finiti, hanno potenziale. Attorno, il deserto. A partire dalla panchina: Byron Scott, facci il favore…

Di questo 2015/2016 rimarranno le ultime magie di Kobe e la vittoria sui Warriors. Per il resto, urge una gran passata di spugna, sperando in una gran pesca al draft.  

Top: Jordan Clarkson. Troppo facile dire Kobe. Allora, giusto riconoscere a Clarkson i propri meriti: il più pericoloso, fantasioso ed estroso del gruppo. Conferma le belle sensazioni della passata stagione.

Flop: Lou Williams. Semplicemente, non ha mai visto il canestro. E per uno che è nella Lega proprio per la capacità di mettere punti a referto, non è una situazione invidiabile. Peccato, un Lou Williams al meglio sarebbe servito. Non avrebbe salvato l’insalvabile, ma sarebbe servito.

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