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domenica 6 marzo 2016

Atalanta - Juventus: sconfitta pronosticata e classifica che mette i brividi


L’Atalanta si è trovata di fronte una squadra superiore. Ai bergamaschi, ma anche a tutte le altre del nostro campionato. E non è retorica cavalleria; è un dato di fatto.

Inoltre, giusto per metterci un carico in più, la Juve è l’unica “grande” che a Bergamo non ha mai sofferto particolarmente.

Giusto e comprensibile, dunque, anche viste le assenze, mettere un 3-5-2 che potesse dare sicurezze difensive, contrastare le avanzate delle ali bianconere (oggi in rosa) e garantire spinta in ripartenza.

Peccato, però, che Dramè e Conti abbiano trascurato troppo la fase offensiva. L’attacco con la coppia di punte pure – Monachello e Borriello – infatti, poteva risultare utile nel caso i due, col colpito di far salore il baricentro, avessero trovato costante sostegno e linee di scarico. Ma così non è stato. Fasce bloccate ed eccessivamente accorte, centrocampisti troppo bassi. Così facendo, non “obblighi” gli avversari a dover lavorare in copertura, magari pescandoli in inferiorità numerica. Sono state concesse letture davvero semplici.

Con la mediana impegnata a fare densità e contrastare i vari Pogba e Khedira, senza molto successo, ci si è affidati, più che altro, ai lanci lunghi per gli attaccanti e a un’eccessiva ricerca dell’imbucata immediata. Palla lunga e poco supporto. Non a caso, Borriello si è spesso lamentato con i compagni, invitandoli a servirlo in un modo piuttosto che in un altro e a proporre tagli, linee di passaggi e sponde. Un atteggiamento comprensibile. Anche perché, in effetti, il #22 ha giocato una buona partita, prendendosi spesso responsabilità da leader. Per 75 minuti, però, ha urlato in vano. Sempre isolato o con il solo Monachello: tremenda situazione. 

Borriello non mi è dispiaciuto. Perlomeno, ci ha provato (immagine presa dal web)

Di fronte, e va sempre ripetuto, c’erano i campioni d’Italia. E la qualità juventina si è vista sin da subito. Nei movimenti, nella naturalezza delle giocate, nella fredda lucidità in ogni situazione. Puoi studiare quello che vuoi, tatticamente e via dicendo, ma al primo errorino ti puniranno. E così è stato.

Anche sotto, l’atteggiamento dei ragazzi di Reja non è cambiato: mediana bloccata e con compiti prettamente difensivi, attaccanti a sgomitare e palla lunga come costante. Alla ricerca del guizzo. Magari su calcio da fermo, dove, in effetti, qualche pericolo è stato creato. Ma se Buffon non prende gol da inizio gennaio e l’Atalanta non vince da un’era geologica, un motivo ci sarà.

Anche l’apprezzabile sforzo di metà ripresa, perciò, si è spento nel nulla. Anzi, è stato sedato con un colpo di genio e classe del neoentrato Lemina. Applausi e resa definitiva; poco da farci.

D’altronde poco si può dire all’Atalanta di oggi. Avversario, assenze, riconosciute difficoltà: una combo letale per chiunque, figuriamoci per una squadra che zoppica da mesi.

Va presa con filosofia e coscienza. Era una sconfitta pronosticata; una giornata in cui focalizzare la propria attenzione sui risultati degli altri, Frosinone in primis. E i ciociari hanno vinto, anche bene, contro l’Udinese di Colantuono, riaprendo il discorso salvezza come non mai. Quattro miseri punti: questo il risicato gap che divide i bergamaschi dalla zona retrocessione.

I brividi si fanno sempre più insistenti, la paura aumenta e la fiducia nella squadra tocca minimi mai registrati. E’ l’ultima chiamata; facciamoci trovare pronti. Ne sono convinto (e lo dico con gli occhi al cielo): una vittoria, magari pure immeritata, sveglierebbe definitivamente questo gruppo. 

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