Partiamo dall’aggiustamento tattico più evidente scelto da
Reja: mettere i tre attaccanti a pressare i difensori blucerchiati e Fernando,
il principale costruttore di gioco dell’undici Montella, per obbligare i
genovesi a scavalcare il centrocampo. Scelta più che azzeccata. Così facendo,
Ranocchia e Silvestre sono stati obbligati a iniziare l’azione. E, visti i
piedi che si ritrovano, per la Samp non è stato un affare. Si sono dovuti
rifugiare nel lancio lungo, dando una bella mano alla difesa neroazzurra, così
poco impensierita dalla velocità e imprevedibilità di Quagliarella.
Solo quando Cassano, l’unico blucerchiato con il guizzo, è
venuto a prendersi palla sulla trequarti, l’Atalanta è andata in difficoltà,
anche perché il Pibe ha sempre la capacità di pescare il corridoio giusto. Per
fortuna, Ivan da una parte e Correa dall’atra non sono mai riusciti a sfruttare
al meglio le invenzioni del barese, rendendo sterile anche la presenza di un
uomo d’area come il Quaglia.
In difesa, quindi, la Dea se l’è cavata senza troppi patemi,
nonostante il reparto non abbia dato quel senso di assoluta sicurezza. Soprattutto
su qualche scorribanda di Dodò (come quella che ha messo Alvarez in condizione
di deciderla al 93°). E’ stato fatto il compitino.
Dalla mediana in su, la solita storia: De Roon a fare diga,
Freuler a dargli una mano e Kurtic con maggiori libertà di inserimento;
Diamanti a tutto campo, con marcatura preventiva su Fernando, Gomez sulla sua
fascia sinistra e Pinilla a fare da pivot. Il cileno, purtroppo, non è riuscito
a incidere.
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Mauricio Pinilla: ancora una volta poco pericoloso (immagine tratta da internet) |
Come tutta la squadra, d’altronde. Per l’ennesima volta, infatti, il vero problema degli uomini
di Reja si è palesato in fase realizzativa. Tutto ok finché Diamanti e Papu
inventano e danno abbrivio alla manovra; meno quando si deve centrare l’assist,
crossare per la punta o concludere da fuori. Troppe imprecisioni e occasioni
sprecate. Basti pensare a quante volte, in particolare nella ripresa, Alino
(un’altra giornata positiva) ha fallito la giocata decisiva, che fosse per un
taglio di Gomez o per uno scatto nello spazio della prima punta (l’ingresso di
Borriello non ha cambiato le cose).
Il gol dunque. Questo quello che manca. Perché, per il
resto, nemmeno malaccio. Ovvio, il bel calcio è un altro, ma i bergamaschi hanno
affrontato il match a viso aperto, senza risentire del fattore campo. Al netto,
e non si può di certo ignorare, di un avversario che ha enormi problemi, anche
simili a quelli dell’Atalanta. Non a caso, la Doria è dietro in classifica e
gufa le ultime tre; forse persino più dei nerazzurri.
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