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sabato 7 novembre 2015

"What about the Rookies?": breve e affrettato bilancio sulle prime 10 scelte del draft 2015


Forse è troppo presto per tirare bilanci definitivi. Anzi, è assolutamente troppo presto. Però vabbè, giusto per divertirsi.

Dopo sei o sette partite non si può stabilire quali matricole siano già stelle, quali bidoni ecc… Non è né bianco né nero. Siamo ancora in quel grigio in cui tutto può accadere. Ma è proprio in quel grigio che possiamo sguazzare e azzardare giudizi senza curarci tanto delle conseguenze.

Tutta sta manfrina, che ha un senso ma anche no, per dire che cercherò di analizzare (parolone), molto brevemente, queste prime apparizioni dei rookie 2015/2016. Cominciando dal fatto che sembra un’annata ottima o giù di lì. Prospetti interessanti, da scoprire e godersi, aspettando che, col tempo, trovino la propria dimensione. 


E per fare una cosa fatta per benino, spenderò poche righe per ognuna delle prime dieci scelte dell’ultimo draft. Rigorosamente in ordine 'di chiamata'. Dunque, non è una classifica.

1. KARL-ANTHONY TOWNS (14.8 pts, 8.8 reb)

Pacche sulle spalle e strette di mano energiche tra chi aveva indicato il prodotto di Kentucky come il futuro 'Rookie Of the Year'. In effetti, le previsioni sembrano azzeccate. Mi metto pure io nella schiera dei facili profeti. Ho sempre creduto nel lungo di Minnesota, anche se non avrei mai pensato che potesse avere tale impatto sin da subito. Sta confermando le qualità mostrate al college, con maturità e sagacia. Bene bene.




2. D’ANGELO RUSSELL (10 pts, 2.8 reb, 2.2 ast)

Ed è un bene per lui che stia scrivendo ora, sabato 7 novembre alle ore 10,24. Perché solo questa notte ha dato decisi segnali di vita. I 16 punti contro i Nets (prima vittoria Lakers) sono importanti e incoraggianti, anche perché accompagnati, finalmente, da qualche giocata di talento. Giusto per ricordarci che razza di prospetto sia l’ex Ohio. Sta faticando, e non poco, anche perché la situazione gialloviola è quella che sappiamo e perché è costretto a snaturarsi: gli si chiede di essere un mezzo play e costruttore di gioco, ma la realtà è che quello non è il suo compito. Sarebbe un terrificante realizzatore, ma nei Lakers, ora come ora, non c’è spazio per poterlo dimostrare.




3. JAHLIL OKAFOR (19.8 pts, 5.6 reb)

Se c’è qualcuno che può soffiare il titolo di ROY a Towns, quello è, per il momento, Jahlil Okafor. Anche perché, forse, sta facendo addirittura meglio. E’ come se il fatto di non essere stato scelto come primo, ma nemmeno come secondo, gli abbia dato quella spinta in più. “Io sono il migliore e ve lo voglio dimostrare”. Con Noel forma una coppia di assoluto rispetto e splendente futuro. Peccato che attorno abbiano il deserto. Detto questo, offensivamente è mostruoso (ha meno range di Towns, ma si sapeva), mentre sotto il suo canestro dormicchia un po’. Se riuscisse ad alzare il livello anche in difesa, sarebbe già una mezza stella.




4. KRISTAPS PORZINGIS (12.3 pts, 8.3 reb)

Lo ammetto: mi piace davvero tanto. Quando vedo un lungo europeo fare tutte queste cose, mi sciolgo. Tira, passa, palleggia, schiaccia, piglia rimbalzo, stoppa… Dall’alto dei suoi 210 e passa centimetri, senza un filo di muscolo che sia uno. In attacco sa fare tutto o quasi, in difesa, invece, non è impeccabile. Non solo per mancanza di tonnellaggio (le sportellate in post non sono il suo pane), ma anche per qualche ingenuità tattica, di posizione. Ma molle non è! Assolutamente no! Sono pecche tipiche di chi ha quell’età e un talento spropositato nell’altra metà campo. Dai che a New York, alla fine, non è andata così male…


5. MARIO HEZONJA (3.8 pts, 1 reb)

E’ partito forte al debutto, poi è un po’ calato. Nulla di che; la normalità. Anche perché i minuti a disposizione non sono tantissimi e Orlando è una squadra che ancora deve trovare la propria natura. I Magic sono giovani, atletici e imprevedibili. Proprio per questo, il croato potrebbe aver trovato la sua dimensione ideale. A patto che capisca il suo ruolo attuale, sfruttando al meglio il minutaggio che gli dà Skiles. Sul potenziale, nulla da eccepire.

6. WILLIE CAULEY-STEIN (7.2 pts, 6.7 reb)

Non ho mai avuto dubbi su WCS: è un giocatore solido e, per certi versi, ‘facile da capire’. E’ un rimbalzista, super atleta, stoppatore e rim protector. Non mi aspettavo, e nemmeno chiedevo, altro. Sta facendo il suo (e bene), a prescindere dal fatto che ci sia o meno Cousins al suo fianco. Il fatto che Karl lo preferisca, almeno in quintetto, a Koufos, ci dice già qualcosina.



7. EMMANUEL MUDIAY (11.8 pts, 4 reb, 5.7 ast)

E’ un play atipico, moderno; insomma, non è un play. O meglio, è più simile a un Westbrook che a un Nash. Perde tanti palloni e non dispensa centinaia di assist, ma si prende un sacco di tiri ed è un eccellente attaccante. Rispetto a Russell (leggi sopra), però, mi sembra un giocatore più completo e ‘bilanciato’. In difesa, poi, si lascia guardare, almeno quando deve mettici il fisico. Mia sensazione: più facile che arrivi una serata da 30 punti piuttosto che una da 15 assist.

8. STANLEY JOHNSON (6 pts, 4.2 reb)

E’ il mio cavallo, da sempre. Detroit vola e lui ci mette il suo. Brilla meno di altri, ma il suo tabellino va sempre letto dall’inizio alla fine. Magari non segna 20 punti e cattura 10 rimbalzi, ma fa un po’ di tutto. Esce dalla panchina e gioca una ventina scarsa di minuti, in cui non ruba il palcoscenico, ma dà prova di conoscere il Gioco e di capirlo. Arriveranno anche cifre più sostanziose. Detto questo, sono ovviamente di parte, anche perché l’ho fortemente voluto al FantasyNBA.



9. FRANK KAMINSKY (2.8 pts, 1.4 reb)

Eh, povero Frank. L’eroe recente della NCAA sta faticando a imporsi anche al ‘piano di sopra’ (che è un’espressione trita e ritrita, ma mi è sempre piaciuta). A Charlotte gioca poco ed è impantanato nei meandri di una squadra che, ancora una volta, pare in balia degli eventi. E sul suo impatto nella Lega, beh, i dubbi non sono mai mancati. Certo è che vedere lui in panca, e gente come Hawes in campo, fa davvero male. Caro Cifford, dai fiducia al Tank!

10. JUSTISE WINSLOW (6.8 pts, 4.8 reb, 1.3 ast)

Sulla carta, è il ‘furto dell’anno’. E col tempo lo dimostrerà. Perché è un giocatore poco appariscente, quindi non incline alle sparate da 20 punti ecc., ma un perfetto interprete del suo ruolo. E’ equilibrato, forte fisicamente, intelligente. Da ottimo difensore, deve ancora capire al meglio i meccanismi della NBA prima di potersi esprimere al massimo. Quando li farà suoi (non ci metterà troppo) sarà preziosissimo e amato. 

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