martedì 19 aprile 2016

Il pagellone della regular reason NBA: Southeast Division


MIAMI HEAT (48-34), voto 7.5


Aver vinto la Southeast Division non è da poco, perché è stata combattutissima sino alla fine, con tre squadre in grande spolvero.

Miami ha avuto la meglio, forse, grazie alla propria solidità, figlia del mix di esperienza, talento e voglia di aprire un nuovo ciclo.

Hassan Whiteside: un muro (foto dal web)
Gli Heat hanno fatto della forza difensiva il proprio cavallo di battaglia, proponendo un gioco poco spettacolare ma estremamente concreto e ostico per ogni avversario. Spoelstra ha potuto contare su un roster guidato dal carisma di Wade e Bosh, finché c’è stato, dalla crescita esponenziale di Whiteside e dalla duttilità degli altri elementi: dal “già pronto” Winslow, alla sorpresa Richardson, passando per l’imprevedibile Gerald Green e il prezioso, benché incostante, Deng.

Il cambio di marcia di Dragic (pallido per mesi e mesi) e la sapiente aggiunta di Joe Johnson hanno completato il quadro. Sprint finale decisivo e terzo posto a Est. Con la nomea di squadra rognosa e mai consigliabile.

Peccato che Bosh non possa più contribuire alla causa.

Top: Hassan Whiteside. Dwayne Wade è il faro della squadra, per talento e leadership, ma il centrone ha confermato di essere un dominatore. Stoppate a profusione, pioggia di rimbalzi e presenza da rim protector di vecchio stampo. Un muro.

Flop: Goran Dragic. Non è una bocciatura, ma un piccolo rimprovero. E non riguarda l’ultimo paio di mesi di regular season. Lo sloveno è rimasto sotto le aspettative per buona parte della stagione: numeri zoppicanti e presenza di spirito altrettanto criticabile. Speriamo rimanga quello di fine annata.

ATLANTA HAWKS (48-34), voto 6


Voto bassino, forse troppo. Ma Atlanta ha deluso. Il quarto posto finale a Est non dice quanto la squadra di coach Budenholzer abbia faticato durante la stagione.

La partenza di Carroll, gli infortuni, Teague e Korver involuti (in ripresa nel finale, soprattutto il play) sono alcuni dei motivi di questo andamento al di sotto delle aspettative. Che, giustamente, erano altissime dopo l’ottimo 2014/2015.

In Georgia si pensava a una lotta con Cleveland per il primo posto nella Conference; ci si è ritrovati a non vincere nemmeno la Division. 

Il quadro, comunque, non va dipinto più tragico di quello che è. Le ultime settimane ci hanno restituito un Teague di buonissimo livello, un Korver con la mira giusta e quei meccanismi che tanto avevano incantato nella scorsa stagione. D’altronde, la bontà degli Hawks sta proprio nel sistema voluto da coach Bud. E con Millsap e Horford sempre affidabili ed efficaci, tutto può accadere.

Top: Paul Millsap. Di gran lunga il migliore dei suoi. Un All-Star fatto e finito: lottatore su entrambi i lati del campo, tanto sotto canestro quanto fuori dal pitturato. Ha pure trovato costanza da tre.

Flop: Kyle Korver. Sarà sempre prezioso per i tagli e la sapienza tattica, ma se il tiro non entra diventa un giocatore prevedibile e scontato. Ha sparato a salve per interi mesi, chiudendo le partite con tabellini imbarazzanti, nonostante faccia tante piccole cose utili che non finiscono a referto. Budenholzer non ha mai perso fiducia e l’ha sempre schierato in quintetto. Giusto coì, ma deve tornare quello di prima per dare agli Hawks qualche speranza in più.


CHARLOTTE HORNETS (48-34), voto 7.5 


Michael Jordan aveva annunciato l’anno della svolta. E così è stato. Grande stagione, per risultati e gioco proposto.

La dirigenza si è mossa benissimo, mettendo a disposizione di coach Clifford un gruppo eclettico, compatto, malleabile e perfetto per le idee del proprio tecnico. Batum, Courtney Lee da febbraio, il rilancio di Lin e Lamb, la crescita di Marvin Williams e Zeller, la saggezza di un Jefferson ridimensionato dagli infortuni ma preziosissimo: tessere di un mosaico lucente. Reso ancor più splendente dalla magica annata di Kemba Walker.

Charlotte muove bene la palla, si affida molto al tiro da tre (se in serata diventano letali) e alla già predetta duttilità dei propri uomini. Possono cambiare su tutti e stravolgere i quintetti, camaleontici e imprevedibili, ma sempre rispettosi del piano partita.

Un team affiatato, ordinato e entusiasta. Finalmente sorride anche la North Carolina.

Top: Kemba Walker. Anche un paio di cinquantelli un una stagione da stella. Leader per punti, assist e personalità. Volto della squadra e guardia tra le migliori della Lega. Dopo la pause per l’All Star Game, semplicemente meraviglioso.

Flop: Spencer Hawes. Preso proprio per quella politica del “giocatore bidimensionale”. Purtroppo, un’altra occasione sprecata. Poche luci e tante ombre, con i soliti dubbi sull’effettivo valore. Di settimana in settimana, Kaminsky gli ha rubato sempre più minuti.

WASHINGTON WIZARDS (41-41), voto 5

Un fallimento. Un passo indietro brusco e inaspettato, che costerà, quasi certamente, la panchina a Wittman.

Dalle semifinali di Conference dell’anno scorso alla mancata qualificazione playoff, senza cambiare molto, se si esclude la partenza illustre (col senno di poi decisiva, forse) di Pierce, rimpiazzato malaccio da Dudley, più in borghese che in maglietta e pantaloncini.


John Wall: annata super, ma solo a livello personale (foto dal web)

John Wall ha cercato in ogni modo di salvare capra e cavoli, disputando un campionato altissimo livello ma, al solito, predicando nel deserto. Beal è sempre Beal, talentuoso ma fragilissimo; Nene è a tratti impresentabile. Gortat ha fatto il suo, Porter è cresciuto e gli operai alla Temple ci hanno provato, ma a questa squadra manca un’anima. Poca intensità, amnesie continue, mollezza e apatia. Più che tecnico, il problema sembra mentale.

Bisogna pensare al futuro e tornare immediatamente sulla giusta rotta.

Top: John Wall. Play maker da tripla doppia potenziale in ogni match. Ha avuto anche dei bassi, ma il suo 2015/2016 non passerà inosservato. Avesse accanto un Beal sempre al 100% e un altro paio di esterni di spessore, inventerebbe basket in punta di fioretto. Come apre il campo lui, solo un altro paio. Senza dimenticare le quattro ruote motrici.

Flop: Nene Hilario. Il brasiliano non riesce a rivedere la luce. Spirale negativa senza uscita che sta dilaniando la sua permanenza nella capitale. Recuperabile? Boh. Lo terrei nel roster? Ora come ora, no.


ORLANDO MAGIC (35-47), voto 6.5


Se non fosse per l’ultimo quarto di annata, avrebbero meritato anche mezzo voto in più Eh sì, pur arrivando ultimi nella Division e abbandonando il sogno post season in anticipo.

Perché per Orlando era un anno di rinascita, con la prima Skiles alla guida e una rosa giovane, talentuosa ma da sgrezzare e disciplinare. Non caratterialmente: intensità e combattività sono state le parole chiave di tutta la stagione.

Il nuovo allenatore ha sperimentato e cambiato molto, soprattutto all’inizio, per poi arrivare all’assetto definitivo: Payton da regista tuttofare, Fournier e Oladipo bocche da fuoco, Gordon tritatutto, Vucevic macchina da doppie doppie. E una serie di altri uomini che entravano e uscivano per fare esperienza e dare energia.

La partenza di Tobias Harris è stata dura da digerire, perché rimpiazzarlo non è facile (così come Frye), ma fa rima con il progetto a lungo termine voluto dalla franchigia della Florida. Col materiale a disposizione, che ha ampissimi margini di miglioramento, si deve arrivare più in alto possibile, senza accelerare tempi e soluzioni. Proprio per questo, una qualificazione ai playoff sarebbe stata forse prematura. Per assurdo, avrebbe rischiato di essere deleteria.

Step by step. La strada è quella giusta.

Top: Nikola Vucevic. Qualche acciacco di troppo non ha frenato la crescita, silenziosa ma impetuosa, del centro serbo. Doppia-doppia automatica e tanta leadership. Il tiro decisivo se lo prende lui, la prima soluzione è sempre lui.

Flop: Shabazz Napier. Gli è stata data un’altra chance; l’ha sprecata malamente. In un contesto perfetto per rilanciarsi e guadagnarsi spazio. Evidentemente, non c’è stato motivo per darglielo.

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