TORONTO RAPTORS (56-26), voto 8
Il secondo posto a Est è tanta roba, anche perché strameritato e, in sostanza, mai messo in discussione. Anzi, i canadesi hanno pure accarezzato il sogno della leadership. E’ rimasta solo una speranza, ma va bene così.
I Raptors non hanno un gioco abbacinante e rivoluzionario,
ma sono coscienti dei propri pregi e difetti, puntando su uomini collaudati e
messi al posto giusto. Lowry e DeRozan sono una certezza, Scola il vecchio
saggio, Carroll (ritrovato dopo un lungo infortunio) una pedina fondamentale,
Valanciunas il talentuoso lungo, anche se un po’ incostante. E la panchina,
beh, male non è: Joseph, Ross, Patterson, Johnson, Powell, Biyombo…
Come al solito, però, la vera sostanza di questa squadra si
vedrà ai playoff. Troppo spesso, infatti, nella post season hanno buttato via
quanto di buono fatto nel resto dell’annata.
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Kyle Lowry (immagine dal web) |
Top: Kyle Lowry. In quintetto all’All Star Game, e non solo
perché si giocava a Toronto. Regista moderno, attaccante temibile dall’arco e
in penetrazione. Ha trovato la sua dimensione e continua a crescere.
Flop: Terrence Ross. Benino nella seconda metà di stagione,
ma ancora è lontano parente di ciò che sarebbe potuto essere. Dalla panchina,
comunque, può ritagliarsi un ruolo importante.
BOSTON CELTICS (48-34), voto 7.5
Il lavoro di coach Stevens sta dando i suoi frutti.
Succosissimi frutti. E’ sotto gli occhi di tutti. Squadra ordinata, organizzata
e modellata perfettamente dal suo giovane allenatore. Quinto posto a Est e gli applausi di tutti gli addetti ai lavori.
Nonostante un roster “normale”, senza la super stella
blasonatissima, i Celtics si sono tolti molte soddisfazioni e, in una
Conference dove tutto può succedere, vogliono imporsi come mina vagante.
D’altronde, Boston è un vero gruppo. La totalità che esalta
il singolo (Thomas su tutti), non il contrario. Per fare strada serve questo.
Non solo, ok, ma la coesione è un bel punto di partenza.
Top: Isaiah Thomas. Il "piccolo grande uomo" ha appena chiuso
una stagione straordinaria. Leader indiscusso, idolo a ogni latitudine e, a
sorpresa (ma neanche troppo), All-Star. Meglio di così…
Flop: David Lee. Sulla carta, giocatore perfetto per il
sistema biancoverde. Purtroppo, un fallimento. La partenza nella finestra di
mercato è stata inevitabile.
NEW YORK KNICKS (32-50), voto 4.5
La partenza non era nemmeno stata malaccio. Anzi, fino a
gennaio i newyorchesi erano stati in corsa per i playoff. Magari alla lunga
non ce l’avrebbero fatta, ma erano nel gruppone buono. Porzingis si era
dimostrato, da subito, un fenomeno; Carmelo bombardava e dominava pur rimanendo
tra le righe; il resto della rosa faceva da perfetto supporto.
Poi il crollo. Le prime difficoltà e, improvvisamente, il
licenziamento di Fisher. Da lì in poi, la stagione è cambiata completamente. Un
declino costante e inarrestabile. L’ambiente si è spento e con lui ogni sogno
di gloria. La decisione della società lascia parecchi dubbi. Parecchi.
Soprattutto per le tempistiche.
Ovviamente, rispetto all’anno passato è stato fatto un grande
passo in avanti, ma l’epilogo lascia la sensazione che tutto, o quasi, sia
stato vanificato (per questo la grave insufficienza).
Top: Kritaps Porzingis. Quelli che lo hanno fischiato nella
notte del draft si stanno ancora rimangiando tutto. Un fenomeno di lunghezza
infinita e un talento sublime. Stoppatore, rimbalzista, tiratore, passatore…
Una gioia per gli occhi.
Flop: Kevin Seraphin.
Non mi aspettavo facesse il fenomeno, ma che, almeno, si ritagliasse un ruolo
importante. Aveva scelto NY proprio per avere spazio, per poi ritrovarsi a fare
polvere.
BROOKLY NETS (21-61), voto 3.5
I playoff dell’anno passato sono stati un’inaspettata
beneficiata. Però ci erano arrivati e, tutto sommato, avevano fatto il loro.
Partendo da lì, ci si attendeva qualche passo in avanti. Magari rimanere in
scia al treno buono. Visto l’andamento della Conference, sarebbe stato
difficile sperare di replicare l'ottavo posto, ma ciò non giustifica l’inaccettabile stagione dei bianconeri.
Squadra senza capo né coda, che ha puntato su Lopez, Young e
Jack senza costruire un supporting cast di livello accettabile, nonché uno
straccio di gioco accettabile.
Il prematuro stop del play ha tolto molto, ma la stagione
aveva già preso una brutta piega. Confermata poi dal licenziamento di Holins e
l’addio a Joe Johnson.
Tanta confusione, poche idee, soldi spesi male e franchigia
da ricostruire.
Top: Thaddeus Young. E’ un giocatore solido, talentuoso ed
efficace su entrambi i lati del campo. Non può non piacere. Nel marasma
generale, ne esce sempre a testa alta e con cifre ottime. In più, tante cose
utili.
Flop: Andrea Bargnani. Mi spiace per il Mago, che stimo e
ammiro, ma ha fallito un’altra volta. La situazione era complicata e avrebbe
meritato più spazio, ma bisogna basarsi sui dati. A conti fatti, un fiasco.
PHILADELPHIA 76ERS (10-72), voto 2
Ogni anno riescono incredibilmente a riscrivere le pagine più buie della storia NBA. Gruppo con poco talento, zero disciplina tattica e ancor meno intelligenza cestistica.
Il peggior record di sempre è più figlio della scarsezza dei
giocatori che del lavoro, encomiabile ma inutile, di Brett Brown. Se ha i a
disposizione certi elementi, puoi sgolarti e arrovellarti quanto vuoi; ne
caverai sempre poco.
Tutto da rifare, per l’ennesima volta. Anche perché Hinkie è
naufragato insieme al suo progetto e Colangelo non sembra intenzionato a dare
continuità alle idee (che dividono gli appassionati) dell’ex G.M.
Si riparte da un paio di elementi e dalla prossima scelta al
draft. Poi, la nebbia.
Top: Ish Smith. Se non fosse arrivato a metà stagione, i
Sixers non avrebbero nemmeno raccolto quelle misere dieci vittorie. Ha dato
idee, corsa e freschezza. Non è un fenomeno e non può fare i miracoli, ma va
applaudito.
Flop: Isaiah Canaan. Forse c’è chi ha fatto peggio, ma lui
incarna bene il perché Philly sia poco “allenabile”: ha punti nelle mani,
fisico e tiro, ma nemmeno una vaga idea di come si stia in campo in cinque.
Indisciplinato come pochi.
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